Guardiaparco: la Provincia vuole depotenziarli

La notizia: Esiste una bozza di “razionalizzazione” (che le associazioni hanno potuto conoscere solo per vie traverse) che prevede il depotenziamento- attraverso l’accorpamento nel Corpo Forestale provinciale-  dei Guardiaparco, che si accosta allo stesso tentativo previsto in un regolamento (tenuto di fatto segreto) che avrebbe dovuto fare la stessa operazione con Guardiacaccia e Guardiapesca delle rispettive associazioni venatorie, e infine anche dei Custodi Forestali. Questa seconda fase farebbe seguito al precedente e già operativo accorpamento delle ex guardie ittico-venatorie e degli ex sorveglianti idraulici.

I sindacati e le associazioni ambientaliste sono intervenuti duramente e decisamente contro quella che a tutti gli effetti evidentemente era una tentata( e forse fermata) operazione di svuotamento e indebolimento ulteriore dei controlli ambientali provinciali, dopo il clamoroso depotenziamento dell’Ufficio VIA degli anni scorsi e dopo la riduzione dei fondi per i Parchi naturali.

Il commento: Innanzitutto manca un programma chiaro, che faccia da contesto di senso a questi previsti passaggi. La volontà che emerge è sicuramente quella di trasformare di fatto in un ruolo puramente tecnico quello delle figure che oggi hanno valenza giuridica (Custodi Forestali e Guardiaparco oggi sono Ufficiali di Polizia Giudiziaria, le nuove regole toglierebbero invece ad entrambe le figure questo potere, dunque le renderebbero inoffensive per inquinatori, bracconieri, trasgressori). Invece è evidente come il Guardiaparco dia senso all’esistenza stessa dell’area protetta: senza un corpo di controllori riconosciuti come autorevoli, grazie alla loro dotazione giuridica, il governo del territorio del Parco e il rispetto delle regole del Piano del parco saranno inattuate e inattuabili. Accorpare queste figure nella Forestale comporterebbe senza dubbio perdita di specificità e dispersione nelle variegate attività della Forestale. Si perderebbero la conoscenza approfondita dei luoghi del Parco e le competenze che il Guardiaparco si crea lavorando nella !squadra” di operatori del Parco, accanto al resto dello staff.

Oggi le stazioni forestali vengono ridimensionate per carenza di personale, dunque i Guardiaparco portati nel Corpo così impoverito sarebbero dirottati su altre attività e non sulla sorveglianza dentro le aree protette. In pratica i Parchi senza Guardiaparco dipendenti direttamente dagli Enti di gestione sarebbero sempre più portati verso la promozione turistica in assenza di rigorosi controlli sul territorio.

Documento con le osservazioni delle associazioni ambientaliste Legambiente, LIPU, Italia Nostra, Mountain Wilderness , WWF sull’accorpamento dei guardiaparco

Per quanto attiene invece al tentativo di accorpamento dei Custodi Forestali, altre figure storiche prestigiose e locali del controllo del territorio, si veda il sito della Libera Associazione dei Custodi Forestali Custodi Forestali


Lince B132: nuovo radiocollare, a Molveno

Notizia: E’ stata catturata (sopra Molveno) e dotata di un nuovo radiocollare la lince  B132. L’animale si trova in Trentino dalla primavera del 2008. Proviene dal Cantone svizzero del San Gallo, dove è nata nella primavera del 2006 (oggi ha dunque 4 anni). B132 è un maschio. B132 era stato catturato e radiocollarato la prima volta in Engadina (Svizzera) il 22 febbraio 2008, nel territorio del Parco Nazionale omonimo. Successivamente l’animale si era spostato in territorio italiano, in Val di Sole (passando dalla Lombardia). Poi B132 si è spostato nel cuore delle Dolomiti patrimonio Unesco e del parco Naturale Adamello Brenta, ovvero proprio nel Gruppo di Brenta. L’animale viene costantemente seguito grazie al radiocollare dalla Forestale, con la collaborazione  di personale del Parco naturale Adamello Brenta e dell’Associazione cacciatori. Attiva e costante la collaborazione con i tecnici svizzeri, che hanno segnalato regolarmente le localizzazioni trasmesse dal radio collare svizzero fino a che questo ha funzionato. Il trasmettitore (come previsto) ha smesso di funzionare a fine 2009. Quindi ora è stato messo un nuovo radiocollare, e ora la lince sarà monitorata dallo staff italiano.

LINK AL video della cattura (notare la bellezza strordinaria della lince, le dimensioi notevoli delle zampe, ma anche l’amorevolezza dei forestali mentre maneggiano la lince, si “palpa” quasi il loro desiderio di accarezzarla. In effetti lo fanno, accarezzano la lince. ED E’ BELLISSIMO, VORRESTI ESSERE CON LORO!)

Questa lince è singolare: sicuramente dalla letteratura scientifica nota si tratta dell’esemplare che ha effettuato il più lungo spostamento documentato nelle Alpi. In Italia si tratta del secondo caso di cattura di lince, il primo era avvenuto alcuni anni fa in Friuli Venezia Giulia.

Commento (riprendo un mio articolo del maggio 2008, con dati di Anja Jobin, esperta europea di lince e lupo, Coordinatrice del gruppo S.C.A.L.P. – Status and Conservation of the Alpine Lynx Population): 

La Svizzera ha reintrodotto  le linci negli anni settanta. Da allora la specie ha lentamente colonizzato tutto l’arco montuoso del paese, sia la parte alpina che quella dei Grigioni. Il successo della reintroduzione è in una fase cruciale infatti sono emersi conflitti con la componente venatoria, che vede la lince come un competitore venatorio. Secondo Anja Jobin invece una lince arriva a predare in un anno al massimo 50-60 caprioli, in un territorio però che per un individuo di lince (animale solitario, non forma branchi, come succede anche per il puma ad esempio) copre centinaia di chilometri quadrati. Se le linci trovano poi un ambiente popolato da diverse specie di ungulati (ovvero un ambiente sano, biodiverso) naturalmente ampliano la propria dieta anche a camosci e cervi (potrebbe essere interessante verificare le interazioni con la popolazione problematica di cervi nel Parco nazionale dello Stelvio).

Il Trentino e l’Alto Adige offrono ancora ambiti con una buona diversità di specie di ungulati, dunque vocati sotto il profilo nutrizionale per le linci. Una ricchezza adeguata di prede naturali inoltre esclude conflitti forti con gli allevatori, che non subirebbero perdite significative.

Cosa  serve per il ritorno stabile di una popolazione vitale di linci? Gli elementi sono gli stessi per tutti i grandi carnivori, quelli da tempo divulgati dagli esperti ( esempio dal Gruppo grandi Carnivori della Convenzione delle Alpi, da quello di ALPARC e infine anche dalla nota Piattaforma Ursina, del WWf e per l’orso.)

Ecco i punti:

– Informazione e azioni di coinvolgimento e partecipazione, rivolte a cittadini, agricoltori, cacciatori, amministratori pubblici.

– Fondi per la ricerca e il monitoraggio , con particolare riguardo sulle cause di disturbo antropico, sull’interazione con la caccia (ovvero la lince evita le zone di caccia oppure no? ) e sull’utilizzazione delle aree protette.

– Preservare ambienti idonei , come già dovrebbe accadere per il ritorno dell’ orso.

Si conferma in ogni caso l’importanza delle aree protette quali ambiti di pregio naturalistico per la presenza della grande fauna (come già successo per stambecco (Gran Paradiso), cervo (Stelvio), gipeto (Stelvio, Engadina), orso (Adamello Brenta) ma anche per le competenze del loro personale faunistico.

Si conferma anche l’importanza strategica delle relazioni con altri Parchi (qui l’Engadina) e di carattere internazionale (la Svizzera qui, nel caso dell’orso la Slovenia). Anche per la reintroduzione del gipeto la collaborazione transalpina è stata fondamentale per il successo dell’operazione.

Insomma, più biodiversità, più ricerca, più amore verso le varie forme di vita ma anche più internazionalizzazione, più Europa.

Il bello dei grandi carnivori è che loro richiedono grandi spazi di naturalità, ambienti di elevata qualità e cooperazione internazionale. Insomma, ci aiutano ad alzare il livello della nostra sfida per fare buona conservazione

Documenti:

Comunicato stampa nr 337 del 11/02/2010 della Provincia Autonoma di Trento

http://www.uffstampa.provincia.tn.it/CSW/c_stampa.nsf/416AD28B715DF727C12574BE0028F2B0/7939FFB6FB72AE26C12576C7003806A1

Documento (Speciale Fogli dell\’Orso, pubblicazione del Parco Naturale Adamello Brenta)– dedicato al workshop speciale sui grandi carnivori svoltosi nel 2009

Val Genova: una riflessione dopo gli attentati al Parco Adamello Brenta

Questa è la mia riflessione sulla situazione della mobilità in Val Genova e sul ruolo delle aree protette nelle Alpi, a seguito dei gravi fatti accaduti nei giorni scorsi in Val Genova. Nella notte fra giovedì 23 luglio e venerdì 24 luglio sono state date alle fiamme due casette del Parco in Val Genova, delle quali una è completamente bruciata. Inoltre è stato manomesso anche il trenino che svolge il servizio navetta nelal valle, mettendo anche a rischio le persone che vi viaggiavano. Casualmente lo stesso giorno uno dei rifugi storici della Val Genova, il Fontanabona, chiudeva per clamorosa protesta contro la mobilità sostenibile attuata dal Parco, che prevede la chiusura ad un certo punto della valle per gran parte della giornata, parcheggi di attestamento a pagamento e mobilità svolta da un trenino e da alcuni bus navetta.

Il mio articolo pubblicato dal quotidiano Trentino sabato 25 luglio 2009 – si ringrazia l’editore.

Uomini e Parchi: è questa una relazione ancora oggi complessa, che a volte innesca inevitabili conflitti.
E’ accaduto in questi giorni intorno al Parco Naturale Adamello Brenta: mentre l’Ente festeggiava l’avvio del GeoParco, una nuova iniziativa culturale che valorizza la geologia e che promette di portare anche nuovo turismo di qualit・ qualcuno, con un gesto isolato ed estraneo all’atteggiamento della maggioranza della popolazione, compiva due atti che sanno di vecchio, di anacronistico: l’incendio di due strutture del Parco e il sabotaggio del trenino per la mobilità in Val Genova.
Oltre ai fatti dolosi è stata inscenata, sempre in Val Genova, e del tutto casualmente in contemporanea, la protesta clamorosa di alcuni rifugisti, con la chiusura del locale in piena estate. Anche questa reazione al problema sembra anacronistica, considerato il clima di dialogo che oggi si vive dentro il Parco.
E’ utile allora ricostruire un quadro sul ruolo delle aree protette nelle Alpi, per dare una lettura generale a questi fatti di cronaca.

La Val Genova è una delle valli più spettacolari del Parco, e proprio per questo ha sofferto in passato eccessivamente del traffico motorizzato dei visitatori, quindi di un modello di fruizione del territorio che oggi non è più sostenibile.
E però la mobilità moderna e pubblica, che il Parco offre ai visitatori con i bus navetta, i parcheggi gestiti e il trenino, e che i visitatori dimostrano di gradire, pone dei limiti, come sempre accade quando si opera una gestione in qualunque settore, e per questo solleva anche le reazioni di contrasto di qualcuno.
Da una parte quindi abbiamo l’immagine vincente della conservazione della natura che diventa anche cultura e economia (le attivit・che il Parco propone stanno dentro un mercato del turismo culturale, in espansione), dall’altra ci viene suggerita l’immagine di un ipotetico conflitto tra le attivit・del Parco e le attivit・degli operatori economici.
Ma non esiste un conflitto reale fra economia e conservazione della natura: questo è chiaro da tempo. Come scrivevano gli autori del celebre libro “Uomini e Parchi” ancora negli anni ottanta, “un Parco è un luogo di attività e si deve constatare quindi l’identità fra pianificazione dell’Ente e pianificazione economico-sociale ed urbanistica del territorio”.
La questione specifica della mobilità in Val Genova riporta quindi all’attenzione il tema generale della pianificazione degli usi del territorio, che è centrale nelle politiche alpine.
Le Alpi mostrano da tempo la necessità di riposizionare la propria offerta turistica e la struttura economica in generale verso la sostenibilità, con minori impatti e maggiore qualità, e questo innanzitutto a favore dei residenti, il che ovviamente comporta dei vantaggi ma anche dei limiti.
Se le Alpi non si danno dei limiti e non sanno governare gli accessi, il territorio ne risulta frantumato e indebolito, non rafforzato come qualcuno vorrebbe fare intendere con questa protesta. Vediamo numerosi esempi di fallimento, soprattutto economici, di una politica incapace di governare i fenomeni di accesso e fruizione.
Il tema quindi è la collocazione sul mercato turistico della Val Genova e del territorio del Parco: vogliamo posizionarli nei mercati della qualità e della cultura o nei mercati del consumo e del ribasso? Detto questo, è chiaro che si devono attuare le eventuali correzioni necessarie alla programmazione.
Però è chiaro a molti che dalla qualità non si torna indietro, pena l’arretramento della collocazione economica del territorio e una conseguente peggiore qualità della vita per chi lo vive.
I fatti ripropongono quindi il tema del ruolo che oggi devono svolgere le aree protette, cioè fare conservazione attraverso la pianificazione delle attività e dell’economia.
Anzi, il vero tema è come riqualificare e riposizionare correttamente tutta l’economia turistica e tutti gli usi del territorio, dentro e fuori le aree protette, innescando quei processi virtuosi che rendono l’economia vantaggiosa e sostenibile al tempo stesso.

Maddalena Di Tolla Deflorian