Popoli tribali

Oggi nel mondo vi sono circa 300 milioni di persone appartenenti a popoli indigeni, delle quali 150 milioni vivono in tribù, con economie di sussistenza ataviche, legate a metodi di caccia, pesca, raccolta, coltivazione, scambio, artigianato e vita sostenibili, indissolubilmente legati alle risorse primarie dei loro ambienti di vita.

I popoli tribali sono minacciati dal nostro stile di vita che dilaga e dalla nostra cultura di mercato e dalla violenza. Le loro terre ancestrali, le loro montagne sacre, i loro fiumi pulitissimi, le loro foreste vergini, i loro ecosistemi e le loro culture sono minacciati da coltivazioni di soia , mais o biocarburanti, da cercatori di diamanti, da miniere di bauxite, oro, argento, dagli sversamenti di arsenico o altri veleni, dalla deforestazione o dai giganteschi allevamenti di carne. Ma anche dall’alcool, dalla povertà culturale, dalla prigionia in orrende riserve spesso  in luoghi aridi e privi di sostentamento.

Per questo io difendo il diritto dei popoli tribali a vivere nelle loro terre ancestrali, a continuare la propria vita, conservando culture e lingue, spiritualità e bellezze a noi ormai sconosciuti.

Lo sapevi che esiste una Convenzione apposita per difendere i loro diritti ? Si chiama Convenzione ILO 169. Le Nazioni Unite l’hanno ufficialmente approvata il 13 settembre del 2007.

leggi l’articolo dirittoindigenoconvil169

L’associazione Survival International si occupa di loro.

Nel 2009 Survival ha compiuto 40 anni!

Articolo segnalato: Cambiamento climatico, lotta e mitigazioni, effetti sui popoli tribali

www.survival-international.org

www.survival.it

AIUTA ANCHE TU I POPOLI TRIBALI, E CON LORO LA BIODIVERSITA’ DI MERAVIGLIOSI ECOSISTEMI

NEWS DA SURVIVAL

Belo Monte: arrivano i bulldozer 10 marzo

    Gli Indiani amazzonici chiedono che sia fermata la costruzione della diga Belo Monte.
    Gli Indiani amazzonici chiedono che sia fermata la costruzione della diga Belo Monte.
    © M. Cowan/ Survival

    Nell’Amazzonia brasiliana, gli operai hanno cominciato a spianare la terra con i bulldozer. Nei giorni scorsi, la Norte Energia, la compagnia costruttrice della tanto contestata diga Belo Monte, ha inviato i suoi operai nel sito della diga per iniziare la costruzione del cantiere e delle infrastrutture previste dal progetto.

    I lavori sono partiti grazie ad una “parziale” licenza d’installazione rilasciata dall’agenzia brasiliana per l’ambiente in gennaio. I permessi erano stati ritirati per mancanza di conformità agli standard ambientali previsti, ma la settimana scorsa una nuova sentenza ha annullato la sospensione.

    Se costruita, la Belo Monte diventerà la terza diga più grande al mondo. Potrebbe devastare un’ampia area della foresta e compromettere la fauna ittica da cui migliaia d’indigeni dipendono per sopravvivere

    Centinaia di Indiani appartenenti a diverse tribù continuano a protestare. Se la giga sarà realizzata, i popoli indigeni coinvolti minacciano di trasformare lo Xingu in un “fiume di sangue” e di essere pronti a dare il via a una “guerra”.

    La settimana scorsa, tre Indiani amazzonici – due donne e un uomo – hanno manifestato a Londra davanti agli uffici della banca dello sviluppo brasiliana BNDES, che sta fornendo la maggior parte dei finanziamenti.

    “Le dighe ci arrecheranno un danno culturale, sociale e ambientale irreversibile” ha dichiarato Sheyla Juruna, della tribù degli Juruna, a proposito della Belo Monte e di altre dighe. “Investendo nella loro costruzione, la BNDES investe nella distruzione dell’Amazzonia. Siamo trattati come animali – e ci vediamo violare tutti i nostri diritti.”

    Il mese scorso gli Indiani hanno consegnato una petizione firmata da mezzo milione di persone al nuovo presidente del Brasile, Dilma Rousseff, sollecitandola a mettere fine a questo “disastroso” progetto.

    Lunedì 14 marzo gli Indiani della regione dello Xingu parteciperanno a una spedizione di pesca collettiva in segno di protesta.

    Per l’avanzamento dei lavori sono necessarie altre licenze.

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